In Memoria del mio Amico Sasà †

In memoria del mio amico sasà
 

By Eddie (oggi Liuke)
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n Memoria del mio amico Sasà

Tempo di lett. 60 min.

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
 Giancarlo, Sasà, Eddie, e n.r.

Tutti perdiamo amici .. li perdiamo nella morte, nella distanza e nel tempo. Ma anche se possono essere persi, la nostra amicizia non lo è.
La chiave è tenerli nel proprio cuore e quando è il momento giusto, puoi riprendere l’amicizia esattamente da dove l’avevi interrotta.
Anche i perduti trovano la strada di casa, quando lasci la luce accesa nel tuo cuore.

 

Io terrò la mia luce sempre accesa, così adesso e quando vorrai potrai trovarmi, sempre.

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Eddie e Sasà hanno fatto il servizio militare insieme, e quando dico insieme non é per dire che erano nella stessa caserma o camerata.
Insieme perché erano l’uno l’ombra dell’altro, inseparabili sin dal primo giorno, vivendo 365 avventure come fossero una sola persona. 

Questa è la mia storia e di conseguenza quella di Sasà. 

In Memoria del mio amico Sasà

Caro Sasà purtroppo il tempo scorre inesorabile e niente e nessuno può far alcun che. Ma il tempo si può anticipare, ed è questo il mio rammarico, io non ci sono riuscito. Perdonami Amico mio ho perso il tempo ed ora non c’è ne più. Tempo per noi. Tempo da rievocare insieme. Tempo per piangere e tempo per ridere. Tempo che lentamente sfilaccia le trame dei ricordi.
Ho perso troppo tempo, Tempo che tu non avevi.

In Memoria del mio amico Sasà

Eppure si può essere amici per sempre anche quando le vite ci cambiano. Ci separano e ci oppongono. Si può essere amici per sempre anche quando le feste finiscono e si rompono gli incantesimi. Si può anche venire alle mani per poi dividersi gli ultimi spiccioli. Non parlarsi più e non scordarsi mai.
Gli amici ci riaprono gli occhi. Ci capiscono meglio di noi. E ti rivelano chi sei. Anche quando non vuoi. Un amico ti lascia anche vivere. Non ti scredita e non si vendica mai. Gli amici colpiscono anche duro ma Per gli amici rimani sempre chi sei. Puoi alzare barriere litigare con Dio cambiare famiglia e città. Strappare foto e radici ma tra amici non c’è mai un addio.  ( Negrini V.)

In Memoria del mio amico Sasà

Dicono che per tener viva una persona che non è più con noi, è di ricordarla sempre. E per questo qui scriverò tutto ciò che ricordo e ricorderò di te. Lo faccio per te, per me e per chi vorrà farlo insieme a noi.

Ricorderemo anche altri amici che ci hanno accompagnato in questa nostra avventura, e mi perdonino tutti quelli di cui non ricordo più i nomi, in quel caso scriverò (n.r.), ma solo i nomi non ricordo, non le facce, non le emozioni.

Caro Sasà del giorno in cui ci siamo divisi ricordo solo la data perché è scritta sul nostro Congedo. E mi chiedo come si possa dimenticare un giorno così importante. Ma ricordo come fosse ieri quando ci siamo incontrati.

Immagine ricreata 

Milano, giugno 1987 -Distretto militare Caserma Magenta- v. Mascheroni 26
Era la prima decade di giugno, primo pomeriggio il sole splendeva e faceva caldo. Ero seduto sul muretto del giardino di fronte al reparto servizi, il sudore mi colava da sotto il basco, drop e cravatta non le sopportavo più, ero stanco e smarrito, appena arrivato dopo un immensa sfacchinata per il trasferimento dal C.A.R. Centro Addestramento Reclute di Asti.                             
Fumando la mia sigaretta mi guardavo intorno e vedevo 
decine di ragazzotti provenienti da tutta l’Italia che come me vagavano come anime inquiete per i vialetti della caserma in attesa di essere assegnati alle camerate.

Poi vedo in lontananza un ragazzo dirigersi verso di me, …si eri tu Sasà, ti stavi avvicinando a me, mani in tasca e con il passo di quella persona che indubbiamente non ha nessuna fretta e che ha caratterizzato la tua personalità militaresca. Un basco in testa che sembrava una pizza quattro stagioni. Mi hai chiesto una sigaretta o da accendere, me lo hai chiesto sforzandoti di parlare in italiano con accento milanese. Io dentro di me pensai che con quell’accento non avrebbe mai ingannato nessuno. Ma subito dopo è uscito il vero Sasà e disse -m’puozzo assetà ?- certo risposi io, poi le solite presentazioni. 

E da quel momento, come se già tutto fosse stato scritto diventammo Inseparabili.
Da parte mia dopo solo qualche giorno capii che quella non sarebbe stata un amicizia per così dire di comodo, o di intrattenimento. Perché certe cose te le senti, le percepisci e basta. Ed il tempo mi ha dato ragione. 

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
Sasà- Eddie – Giancarlo-

Ogni volta che rievoco quei giorni lo faccio sempre precisando che quello E’ stato l’anno più bello della mia vita, ed i miei racconti avevano sempre un sorriso grande come la pura gioia di vivere la vita spensierata dei Vent’anni, I nostri VENTI, ma lo è stato solo perché c’eri tu con me Sasà. Ci siamo sostenuti a vicenda con spirito di sacrificio come forse solo i Fratelli sanno fare. Ovunque andassimo tutti si mettevano sugli Attenti! arriva la banda Leveq. Ma tutti ci volevano bene. Non sarebbe mai stato possibile raccontare della mia Naja senza parlare di te.
Adesso però non c’è più. Quel sorriso se ne è andato con te amico mio. Non riesco più a parlarne come prima, anzi non riesco proprio a farlo perché mi viene il Magone. Anche scrivere qua e dura. ma sadd’a fà-
E poi se un giorno mi venisse l’alzheimer almeno ho qualcosa da leggere su di me. E’ anche questo lo scopo di un diario no!  E visto che non abbiamo avuto la possibilità di raccontarci la nostra vita, A te dedico questo mio blog per raccontarti in qualche modo la mia.

Sai Sasà, quando mi capita di parlarne con i giovani di oggi cerco sempre di spiegare loro quali opportunità hanno perso non potendo più vivere quell’esperienza. Allora noi non potevamo capirlo, ma ora so a cosa è servito. Valori come disciplina (poca a quel tempo), solidarietà, condivisione, cameratismo e l’Amicizia. Come la nostra.

A proposito di disciplina…una sera ero in giro per la caserma a cazzeggio, e mi dirigo verso lo spaccio per andare a bere qualcosa, quella sera ero solo perché il mio socio era in servizio di guardia. Il servizio di guardia dura ventiquattro ore, suddivise in 2h di guardia montante, e 4h di riposo, e così via fino al giorno dopo.

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
da sinistra il Caporale di giornata n.r.-cassiere n.r.- n.r. -Eddie-Sasà-Eliseo e Giancarlo –

...-che stav riscend ?- a si entro nello spaccio e mi dirigo al bancone del bar e ordino da bere, credo birra, ma poteva esser qualcos’altro,  di sicuro non un analcolico. Tiro su la testa per bere il primo sorso e dallo specchio di fronte a me vedo il riflesso di Sasà, mi giro e vedo che sta seduto ai tavoli della pizzeria che si mangia la pizza.  

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
-Eddie-Sasà-Giancarlo-

…-we we ma tu si acca’- mi siedo con lui e gli chiedo a che ora avrebbe dovuto montare di guardia.
E lui disse -smonto fra mezz’ora-,-Cosa?! -ma tu si scem’ in da la capa-, ma Sasà se ti beccano passi veramente – nu guai’e –, e così lo cacciai dalla pizzeria, stava per uscire dallo spaccio quando gli gridai… we we.. o fucile o lassi accà-. Si stava dimenticando pure il fucile appeso allo schienale della sedia.
E lui sorridendo mi disse -é a capa che un’e bona-  prese il fucile e se ne andò a terminare il suo turno, ed io finii di mangiare la sua pizza.  

Ma torniamo all’inizio della storia. Quindi dopo cinque o sei sigarette ci furono assegnate le camerate e gli incarichi, già prestabiliti al C.A.R. Io avevo l’incarico –79 Servizi vari- (=Tappa buchi) quindi mi assegnarono al magazzino vestiario, visto che i due magazzinieri stavano per congedarsi, che poi per me si rivelò un posto d’importanza tattico-strategico d’imboscamento. Sasà non ricordo quale incarico avesse, Sasà era diplomato quindi era stato assegnato in qualche ufficio amministrativo.
In quanto alle camerate e i cessi, che stavano al piano terra dell’edificio principale erano dislocate a destra e sinistra di un lunghissimo corridoio (e che non vi dico quando a turno andava lavato tutto tutto) io stavo in fondo a destra e Sasà al principio del corridoio.

In Memoria del mio amico Sasà
In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
Il trio – Eddie – Giancarlo e Sasà –

E’ trascorso il primo mese al Corpo
Un giorno ero in camerata seduto sulla mia branda ad ascoltare la mia musica, entra Sasà in compagnia di un ragazzo mai visto prima, era Giancarlo, appena arrivato col Quarto scaglione e così da quel giorno diventammo un trio. E Minkia che trio… il Gianca aveva l’incarico 18A Conduttore di automezzi vari, fu assegnato alla guida del camion per il nostro -Minuto mantenimento- (muratori idraulici elettricisti e manutentori vari) Giancarlo E. di Ercolano o Portici comunque pure lui di Napoli. Anche lui un bel Testone, non spiccicava una sola parola in Italiano. Ricordo che quando mi chiamava lo faceva così, a modo suo, -Ettiii-uì loco ettii-. Grande Giancarlo. Poi venne il turno di Gianfranco T. di Vieste non ricordo se era sempre del Quarto scaglione o che. Il cerchio si chiude e questa è formazione definitiva fino alla fine. Purtroppo se ricordo bene il Franco era restio alle poche fotografie che potevamo fare. Quindi a parte nella mia mente, non abbiamo la sua immagine. Che peccato Franco 🙁
Uii Sasà
, immagina se allora avessimo avuto la tecnologia di oggi wuaaa!!!

Poi vennero altri soldati a far parte della combriccola, ma solo, come dire…Affiliati. C’era il Pasquale S. sempre di Napoli, che spasso anche lui, quando il Napoli calcio perdeva le partite andava in depressione, non si alzava dalla branda e marcava visita. Era il responsabile dello spaccio. Invece Franco era responsabile del magazzino vettovagliamento. Ed io, solo dopo tre mesi diventai il responsabile del del magazzino Vestiario. Sostituii i nonni Sergio C. (Marchigiano) e Palumbo (di Milano) che andavano in congedo. Ora ero io il Capo, e rispondevo solo al mio sott’ufficiale, si chiamava Serg. Magg. Silvio R. anche di lui non ho immagini, ma vi basta pensare a Ciccio Ingrassia, ecco era il suo clone. Ugualeee!!.Anche a lui piaceva alzare il gomito. 

Non so se, ora si inizia a capire l’andazzo… 🙂   

Dopo tre mesi di naja eravamo al Comando. Basta file allo spaccio basta file in mensa e basta file di tutto. Minkia Sasà! quant’è bella la Naja 

Un giorno in mesa, con i vassoi in mano mentre ci servono la sbobba io e Sasà si stava parlando del + e del -, ovviamente non ricordo l’argomento, ma risposi ad una sua affermazione dicendogli .-mah sai Sasà è tutta un’ipocrisia generale-. Salta su Giancarlo dalle retrovie dicendo -e che rè sta iprocherestisia- e Sasà divertito gli disse -e stat’u zitt’, ca e rob ca si mangia-. Da quel giorno ogni volta che qualcuno chiedeva cosa ci fosse da mangiare si rispondeva: Oggi patane con ipocrisia di contorno… 

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
-Sasà-Eddie-Giancarlo- e – n.r.-
In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
Eddie e Pasquale S.

A proposito di Napoli, tra le altre cose, a conferma di quanto sia stato speciale quel 1987, quello fu l’anno in cui il Napoli vinse il suo primo scudetto con Maradona. In caserma, la forza effettiva era di circa 250 soldati metà di Milano e l’atra di Napoli. Io non ero tifoso di niente, ma per noi, si per noi era festa tutti i giorni. C’era Pasquale che andava in giro tutti i giorni cantando sempre slogan calcistici sul Napoli e Maradona (pace anche all’anima sua) e faceva le telecronache scandendo i nomi dei giocatori così da solo come un matto. 

Perché non mi sono schierato con i miei concittadini? perché così è successo. Inoltre non mi ci identificavo, e poi la gente del sud è più allegra e spensierata, ed io comunque per metà ho origini meridionali, e comunque i milanesi già allora iniziavano ad Imbruttirsi. In ogni caso ci sono state eccezioni in entrambe le “fazioni”.

In buona sostanza possedevamo tutto ciò che poteva essere merce di scambio, se ti si strappavano i pantaloni e dovevi sostituirli o perdevi la stupida, dovevi venire da me. Se facevi il bravo, al cambio delle lenzuola ti davo quelle di cotone, oppure ti beccavi quelle in canapa che andavano bene anche per carteggiare il legno… Volevi un pacco di merendine per la notte ? … Franco te le faceva avere. Vuoi da bere allo spaccio a sgunfia, ci pensava Pasquale, ti si rompeva la branda? arrivava Giancarlo con la saldatrice e te la sistemava, ecc. ecc. Sasà invece lavorando in amministrazione, non aveva particolari privilegi, ma aveva noi. E poi era lui il Capo. Anzi ora mi sovviene che Sasà aveva un aggancio in fureria, quindi si poteva spostare qualche turno di guardia o spingere per qualche permesso premio ecc.

La Camerata Vip

Dopo qualche tempo, non ricordo bene come, siamo riusciti a cambiare camerata e passammo dall’edificio principale all’edificio del reparto servizi, più piccolo, più comodo, con meno camerate e meno letti (8 a castello).
Inutile dire che ora eravamo tutti insieme nella stessa stanza. Ora eravamo come gli “IRON MAIDEN” il mio gruppo Heavy metal preferito del momento. Perché Iron maiden ? perché Sasà mi prendeva sempre in giro per la musica che ascoltavo, per lui era solo casino… e diceva sempre: – Chil allà sò set’otto persone chiavat in da’na stanza chiusa cà se vattono san, san, Binghede banghede bunghede!!!- Hahaa e poi mi abbracciavi –

In memoria del mio amico SasàIn memoria del mio amico SasàEcco- Sasà, quando facevi così io non lo so, ma c’era qualcosa che mi toccava il cuore! Vedi caro Amico, come tu ben saprai quando si è giovani ci si sente sempre dei “duri uomini forti che non chiedono mai” e certe cose non si dicono. Be caro Sasà, ora siamo cresciuti e quello che non ci siamo detti allora te lo dico adesso Ti voglio un bene dell’anima amico mio.

Un altro gesto d’affetto che era solito avere con noi, magari mentre si era in gruppo a parlare, o a tu per tu io e Sasà, all’improvviso con un gesto rapido ti si affiancava facendo passare il suo braccio sotto il tuo mento fino a far arrivare la sua mano all’altezza della tua spalla e con la punta delle dita dava un colpetto sempre alla tua spalla inducendo così il suo polso a colpire il tuo mento. (se fatto bene ti fa saltare la lingua) ma per noi era solo un gesto affettivo. A volte cercavo di farlo io a lui, ma era difficile riuscirci, rapido voltava la testa e tu andavi col polso a vuoto. E poi diceva -Eeee Sòo Chiacchere!-  Va bè. Andiamo avanti.
Quindi non vi dico il casino che facevamo, musica a tutto volume, lotta libera sul ring (tre letti a castello uniti) cuscini che volavano spaccio di sigarette, spaccio di dentifricio, ma la cosa che andava per la maggiore era il lucido nero per gli anfibi.
A proposito di Iron Maiden, se per caso vi state chiedendo da dove arriva questo mio nome di battaglia “Eddie” clicca qui 

in memoria del mio amico Sasà
Il mio armadietto

Eravamo casinisti ma chissà perché gira e rigira erano tutti attratti dalla nostra camerata, ogni tanto dovevamo cacciarne qualcuno. Addirittura c’era chi, per alloggiare nella nostra camerata era disposto a fare le pulizie mattutine della stanza tutti i giorni. Quindi ne abbiamo “assunti” un paio. Comunque noi eravamo persone corrette e perciò –le pulizie le fate un giorno per uno come tutti agli altri-. 🙂 Minkia Sasà! quant’è bella la Naja 

 

In Memoria del mio amico Sasà

Sul posto di “Lavoro”

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
-Eddie-Sasà-n.r.-Giancarlo-

Ecco un nuovo giorno, sono le zero-sette e zero-zero. Il piantone alle camerate passa ad aprire le porte, per dare la sveglia urlando il classico -SVEGLIAAA giù dalle brandeee!!! . Da noi bussavano aprivano la porta e scappavano subito per evitare traumi da corpi contro i denti!!!  (già allora esistevano i Droni, noi li chiamavamo comunemente Anfibi, sai come volavano?) appena aperti gli occhi io e Sasà ci guardavamo in faccia e lui spesso esordiva con un… –wuaaa eddie, ma stam’ ancor’acca?-  Mezzora per lavarsi e poi tutti fuori per l’alza bandiera. Ma prima… Reazione fisica. Minkia come la odiavo in pratica era ginnastica, e consisteva nel correre per 15 minuti intorno al piazzale in tuta ginnica, wuaaa la gente correva mentre ancora stava dormendo. Ognuno di noi avrebbe ucciso per avere l’esenzione. Quant’era brutto forse la cosa che odiavo di più del militare. Poi dopo qualche tempo ricordo che non la facevamo più. Per fortuna. Forse era stata abolita, oppure io non la facevo più per qualche motivo, boh! non ricordo. 

Ci radunavamo tutti  in riga sul piazzale e partiva il nastro… papaa-rapa-paaaa, si alzava la bandiera e passava il Tenete Colonnello Alessandro M. (arrestato poi nel 1993) comandante del reparto servizi e con voce da ricchione (non è un modo di dire perché era vero, scusate ma allora non si usava ancora il termine Gay) gridava -Reparto Att-tenti!- e Sasà dalle retrovie-A’capocchia !!!-e poi tutti a lavoro. Dopo il caffè ovviamente.
Sasà saliva in ufficio su ai piani, ed io giù nel mio magazzino al seminterrato. Situato sotto l’edificio principale, il magazzino aveva un lungo corridoio con grandi stanzoni sia a destra e sinistra con soffitto a volta e mattoni a vista, all’ingresso un bancone di servizio con a lato una porticina basculante  che da accesso al magazzino. Il primo stanzone era l’ufficio del Serg.maggiore che arrivava anche lui dopo l’alza bandiera, firmava il registro, e se era in “smaltimento” dei fumi della sera prima era intrattabile come na merda, diversamente invece era simpaticissimo e ..insomma un’altra persona, in ogni caso dopo una mezzora se ne andava, dove non si sa, e tornava se tornava a ora di pranzo o a fine giornata.

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
Eddie Giancarlo e Sasà in ufficio

Quindi (lui il gatto e io il topo) e si iniziava a ballare! Poi come sempre arriva Sasà e si passava la mattinata a cazzeggiare e fumare come turchi sdraiati sulle mimetiche sistemate negli scaffali del magazzino.
Ricordo che a volte io e Sasà iniziavamo a frugare tra i vari stanzoni ed anfratti perché c’era tanta di quella roba vecchia ed accessori tipo prima guerra
mondiale, sembrava la fiera di Senigallia. Giancarlo invece che era alla manutenzione lui si che spesso lavorava serio, perciò lo vedevamo di rado giù a cazzeggiare. Sasà invece era sempre da me, tant’è che molti pensavano che anche lui lavorasse li.
Una mattina ricordo che stavamo seduti su di una panca a sfumazzare, scazzati dalla noia più che mai, davanti a noi un grosso armadio di legno a due ante, una delle due aveva un buco a metà altezza, e non ricordo chi dei due, ma insomma a lato armadio c’era un Estintore. In un milli-secondo il tubo dello stesso entra nel buco dell’armadio e scarichiamo l’intero estintore (a polvere) WuAAAAA non vi dico il macello, nebbia totale. La polvere schizzava fuori dalle fessure come un idrante. Io e Sasà da verdi siamo diventati bianchi.
Ma che minkioni ora ci sarebbe toccato ripulire tutto e bene anche. Dopo mesi c’era ancora polvere in giro. Minkia Sasà! quant’è bella la Naja 

Dopo pranzo invece partiva subito la pennichella nel posto più figo della caserma, sempre nel mio magazzino. Uno stanzone, ma grande, pieno pieno fino al soffitto di materassi saranno stati boh 200/300 materassi, quindi strisciando tra le pareti e la pila di materassi si arrivava in fondo allo stanzone dove c’era l’ingresso della tana segreta dove abbiamo fatto le ronfate migliori, se morivi li non ti trovava più nessuno.

Ogni 30/45 giorni arrivava uno scaglione nuovo ed il compito dei magazzinieri era la Rivista corredo.
Altro divertirsi alle spese degli ultimi arrivati. Tutti i “rospi” venivano condotti da me, carichi dei loro zaini valigia pieni di roba ed io dovevo passare in rassegna il loro corredo e che non mancasse niente. Sasà a volte faceva finta di essere l’ufficiale in comando, e partiva il terrorismo, -allora ragazzi ora vediamo se avete tutto…se vi manca qualcosa so cazzi ok?- Io scorrendo la lista elencavo i capi del corredo e Sasà con aria austera, passava a controllare gli zaini ed ogni tanto chiamavamo all’appello un indumento o accessorio che non esisteva, per esempio ..Ombrello tattico…oppure…Sandali mimetici…o altri oggetti improbabili. Minkia che spasso, tutti si guardavano a vicenda stupiti dicendo -mah io non c’e l’ho- l’atro -Io lo perso-, -a me non lo hanno dato-.
Queste in linea di massima erano le nostre giornate lavorative.

In Memoria del mio amico Sasà

I disegni di Sasà

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
I disegni di Sasà

Sasà era diplomato in grafica e quindi sapeva disegnare benissimo, ed ogni tanto doveva sfogare questa sua vena artistica, perciò nell’arco della nostra permanenza in quel distretto, ha disegnato a pennarello indelebile su ogni parete della caserma…Sasà aveva come tema preferito i Gladiatori Romani, erano stupendi e li faceva a grandezza naturale. Ovviamente questi disegni non si vedevano per così dire alla luce del sole. Se li volevi ammirare dovevi spostare l’armadietto, quale? uno qualsiasi.
C’erano disegni ovunque anche in camerate non nostre. Ogni volta che finiva un disegno immancabilmente ci guardavamo in faccia e sorridendo fieramente diceva -Wuaaa Eddie immagina quando se ne accorgeranno che bordello viene fuori-. Ed io, -Si si speriamo però che se ne accorgano quando non saremo più qui!-

In Memoria del mio amico Sasà

Quando cala la notte

Le notti in caserma o erano festaiole o depressive, non c’erano altre alternative. In fondo eravamo costretti tra mura di cinta e quando hai finito le tue attività è un pò come stare in prigione, seduto sulla tua branda la mente vagava in cerca di distrazioni e più ci pensavi e peggio stavi. Le minkiate più grandi si combinavano per questo motivo.

Certo dalle 17 o 18:00 fino alle 23:00 tutti quanti, a parte i puniti (e noi lo eravamo molto spesso) potevano andare in libera uscita.
Certo, Io ero nella mia città, casa mia era distante 7 km, (30 minuti di mezzi pubblici). Ma gli amici di casa lavoravano e li potevo vedere solo dopo cena, ma se poi devi rientrare alle 23, non è che si poteva fare molto.
Si potevo cenare a casa mia, con i miei genitori e mangiare meglio che in caserma. Per chiunque ed anche per me era un gran privilegio. E comunque spesso lo facevo. Ma ad essere sincero, io in caserma ci stavo bene tutto sommato. Infatti una volta mio padre mi chiese ironicamente, -ma stai ancora a Milano o ti hanno trasferito a Palermo…?-  🙂 addirittura un pomeriggio mentre cazzeggiavo come sempre, mi chiamano in fureria dicendomi che avevo una visita parenti. Stupito mi chiesi e chi sarà mai…erano mamma e papà, che sempre ironicamente mi dissero che era già un mese che non avevano mie notizie, e così volevano vedere se ero ancora vivo. Ma penso che in realtà volessero solo/anche vedere l’ambiente in cui vivevo.

Eddie milano
Leda G. e Eddie

Comunque alcune serate di libera uscita portavo i miei commilitoni in giro per locali di Milano (birrerie più che altro) li caricavo sulla Giulietta di mio Padre e si sgommava per le vie del centro e dei navigli. Il giorno di carnevale del febbraio ’88 andammo a cena fuori, io Sasà, Giancarlo e tutti i miei amici di casa, compreso la mia fidanzata di quei tempi Leda. Ovviamente tutti vestiti da soldati con gentile concessione del ministero della difesa. Quella sera mi superai, alle Undici accompagnai i miei fratelli in caserma, ma io però non rientrai…anche se dovevo.

 

 

in memoria del mio Amico Sasà
Il Passo carraio del distretto

Cazzo ragazzi mi dispiace scusatemi ma Io devo “Schiacciare (tanto per usare un termine odierno), così me ne andai via con la mia fidanzata.
Rientrai in caserma dopo le 03:00 del mattino. Ovviamente se fossi rientrato dal portone principale sarei stato punito, non che mi interessasse un gran che, ma preferii restare al mio piano originale, così, come un guastatore in missione segreta scavalcai il muro di cinta da via Savoia, tra il muro ed il cancello carraio di servizio. A quei tempi, ma anche oggi, non esistevano muri o cancelli che potessero fermarmi. Una volta sceso dalla parte opposta del muro grazie alla mia solita fortuna, nello stesso istante e luogo passava la guardia notturna, che in teoria avrebbe dovuto spararmi. Io mi spalmai di schiena come un Ninja nell’angolo. Era buio e non so chi fosse stato quel soldato, non so se lui mi avesse riconosciuto ma ho visto che si è accorto che ero li. Fece finta di niente e continuò il suo giro. (
Grazie chiunque tu sia stato).

Quando non si andava in libera uscita ci si doveva organizzare per passare le serate in caserma al meglio possibile.
-Franco, ò fraaa ten’i chiav-, -si- -e allora yamme ya-  e così partiva l’operazione “Esselunga” Franco che lavorava al magazzino vettovagliamento partiva con altri due o tre e tornavano col ben di Dio.
Si spaziava dalle confezioni famiglia di merendine ai quarti di prosciutto, pane, latte, salami e tutto quello che volevi. Certo non si poteva fare sempre, ma almeno una volta al mese massimo due si.
Il Maresciallo in capo al magazzino non poteva accorgersi di questi ammanchi, e se fosse stato così non avrebbe potuto dire niente, se no sarebbe finito nei guai pure lui. Perché anche lui si fotteva il nostro cibo, il cibo dei soldati. Ogni settimana caricava il furgoncino di roba da mangiare e se la portava via. Ed era proprio il Franco stesso che gli caricava il furgoncino. Sto bastardo, solo perché non ricordo ne nome ne cognome, se no lo scrivevo qui, cubitale come per il colonnello Alessandro M. che importunava sessualmente i soldati. Una volta ci provò anche con Sasà, era periodo natalizio, un giorno Sasà venne da me giù in magazzino e mi disse che il colonnello gli chiese se voleva scendere giù in palestra che gli avrebbe fatto vedere le sue palle… per poi con sorriso beffardo correggere il tiro, dopo che Sasà lo guardò male, – Ma che hai capito…le palle dell’albero di Natale che abbiamo allestito in palestra. E tutto finì li. -Stu feten’t- Ma per altri soldati non fini così. Alcuni ci stavano e quindi in caserma li vedevi pochissimo. Altri soldati s’intimidivano o avevano paura dell’alto graduato e dovevano sopportare avances. (e su questa faccenda non ho altro da dire)

Una sera, intorno alle otto / nove, ci accorgemmo di essere senza sigarette e senza soldi in tasca o pochi spiccioli delle nostre ormai compiante Lire. Chiamai Sasà e le dissi – o frat o sai c’a im a fà ? facim’na colletta – e così ci spartimmo le camerate io feci quelle dell’edificio principale e lui quelle dove stavamo noi. Be quella sera raccogliemmo qualcosa come 50/60 mila lire. Avevano aderito in tanti, persino chi con fumava, alcuni così soltanto di buon cuore, altri solo per raccomandarsi. Ma a noi stava bene, e quella fu la prima ma non ultima volta che ricorremmo a quello stratagemma, forse tre o quattro volte perché ovviamente se esageri poi non raccogli più niente.

Così quella sera potemmo uscire a comprare le sigarette. Uscimmo noi del trio.
Pazzi. In Drop, appena usci dal portone della caserma giri l’angolo fai 200 mt. e c’è il parco di via Mario Pagano, dove c’era il Tabaccaio comprammo le siga e ce ne fumammo due o tre o quattro li seduti in divisa al parchetto e poi rientrammo dai nostri amici.
Wuaaa che serata. Mi sta venendo la pelle d’oca mentre scrivo. 🙂
La scena inizia così: Tutti quanti ognuno sulla sua branda, saremmo stati una decina fra noi e qualche altro contribuente. Da bere non mancava mai grazie all’Esselunga di cui sopra. Ricordo che non avevamo molta scelta sugli alcolici, perché gli alcolici da bancone erano in qualche altro magazzino relativo allo spaccio e per fortuna Pasquale non custodiva quelle chiavi. Il nostro vettovagliamento invece era centrato sulla mensa, quindi avevamo da scegliere solo tra il Cordiale 🙁 ed il Fundador 🙂 .

In memoria del mio Amico Sasà
Immagine ricreata 

Quindi, eravamo alla scena che stavamo svaccati in branda, sigaretta in una mano e Gavetta d’acciaio nell’altra, non dimenticherò mai quel sapore. Brandy fruttato al metallo -sublime!- Da li, ad appena 15 minuti inizia la Gara- ( la gara è un termine che invento ora nel mio racconto solo per dare una definizione goliardica di quello che successe) (quella sera e molte altre ancora)  eh eh ehee! fronte alla nostra camerata anzi no, non eravamo nella nostra, ma in quella davanti alla nostra, comunque la gara consiste che, noi eravamo in dieci, e le turche nei paraggi erano solo cinque. Ora non chiedetemi chi vinse perché capirete che dopo 35 anni sto già facendo uno sforzo notevole e poi nelle condizioni “barcollevoli” in cui stavamo e già tanto che lo ricordo ancora. Cmq, parte il primo, mano sulla bocca guance stragonfie occhi fuori dalle orbite e via di corsa in bagno. E gli altri li a ridersela e a pijà per il culo. Poi dopo tre minuti parte il secondo e a ruota il terzo alcuni non arrivavano nemmeno al bagno e sboccavano strada facendo, anche sui muri ma quelli bei duri. Minkia Sasà! quant’era bella la naja! 

In Memoria del mio amico Sasà

Il Viaggio a Torino

Come di consueto, anche in questo caso non riesco a dare una linea temporale al mio viaggio a Torino. Non faceva freddo quindi probabilmente era primavera o primo autunno.
Ma vi anticipo che è stata un Odissea. Già programmata da qualche settimana, il nostro magazzino ha una missione operativa di priorità massima. Dovevamo andare in una caserma alla periferia di Torino a ritirare qualcosa come 300/600 federe per cuscino. Missione di alto livello come minimo ci spetterà una medaglia al valore.
Purtroppo in quest’avventura epica il mio socio Sasà non ne sarà partecipe perché non essendo del magazzino non poteva essere dei nostri.
E quello forse è l’unico giorno in cui io e Sasà non lo passammo insieme (licenze a parte).
Dunque siamo Io, il Serg. Magg., il nuovo magazziniere Antonio C. assegnatoci con l’arrivo dell’ultimo scaglione, anche lui di Napoli e l’autista un romano che manco mi ricordo chi era.
Si parte subito dopo l’alza bandiera, ma prima caffè allo spaccio, oggi é una giornata impegnativa quindi il Sergente ci offre di tasca sua la correzione del caffè. Scrivi Sasà prendi nota che il sergente sta offrendo da bere. E Sasà Citando il suo amatissimo Massimo Troisi, -Si si mo, mo me lo segno-.

in memoria del mio Amico Sasà
Immagine ricreata 

Saliamo sul mitico FIAT 850 dell’esercito e alle Zero-Otto e zero zero usciamo dal passo carraio di via Savoia. Alle nove siamo già in piazza M. Pagano, (per chi non è di Milano questa piazza dista 500mt dal distretto.) Il sergente dice che Torino è qua dietro quindi abbiamo tutto il tempo. Pronti via e al semaforo di Pagano abbiamo fatto la prima sosta al tabaccaio. Non capivo.. perché io le siga le ho, il Sergente non fuma l’altro neppure. Bah! Usciamo da sto benedetto tabaccaio che già siamo tutti belli sorridenti. Il viaggio continua senza particolari accadimenti anche perché credo di aver dormito per tutto viaggio di andata. Il ritorno invece e stato Titanico, non abbiamo preso l’autostrada ma abbiamo fatto la provinciale, Tutta. Il Fiat 850 ci stava per lasciare, per questo abbiamo optato per la provinciale, di media ogni 15/20 minuti dovevamo fermarci a buttare litri d’acqua sul motore perché andava in ebollizione. Minkia sasà quant’e bella la naja.
Era una comica, ovviamente l’acqua dove la prendi… la prendi al bar…
Peccato che il tutto è molto sbiadito nella mia mente, ma immaginatevi la scena, ripetuta per ogni volta che ci si fermava a buttare acqua sul motore fumante. Due soldati mezzi “m’briaghi” che si sbattono a fare avanti e in dietro dal bagno del bar con secchi di fortuna per buttare acqua sul motore e più ne buttavi più fumo faceva, il sergente era scombinato e ubriaco che se la rideva seduto ai tavolini del bar. Cazzo qui si che ci voleva una bella foto ricordo.

In buona sostanza Milano-Torino-Milano 12h di viaggio rientrammo in caserma alle otto di sera distrutti e stremati. Ma felicemente ubriachi.

In Memoria del mio amico Sasà

In Licenza a Napoli

Ormai siamo nonni, sono rimasti gli ultimi spiccioli di licenza semplice da fare. Era prassi comune per tutti conservare cinque giorni verso la fine, quindi per il terzo scaglione era giunto il momento, Sasà si organizza con altri suoi compaesani per fare il viaggio in compagnia.
Anche io pianifico i miei, Sasà era felicissimo e non vedeva l’ora di tornare a casa. Io invece ero già a casa e non sentivo la nostalgia che invece sentiva chi era lontano da casa come loro. E sinceramente ero più abbattuto che altro e già mi sentivo solo. Sasà se ne accorse subito, quando vivi a stretto contatto con una o più persone per tanto tempo impari a capirti solo con lo sguardo, col il linguaggio del corpo e con i silenzi.
In memoria del mio Amico Sasà-we we Eddie e che rè nun si cuntent?- non ricordo cosa gli risposi, ma in un secondo momento lo vidi arrivare verso di me con passo rapido, deciso, e senza mani in tasca con quell’aria da chi ha avuto il lampo di genio e mi disse con voce seria, convinta e soprattutto in Italiano -Eddie: ma perché non te ne vieni a Napoli con me, ti ospito a casa mia-, -teng nu let in più in da camera mia-, -Dai Eddie-, -ma che ì fà a cà?-
-Ti port à verè o Vesuvio, Posillipo e ti faccio mangiare la vera pizza Napoletana-. Sasà quando parlava di Napoli gonfiava sempre il petto con fierezza. Amava la sua Napoli.
[spoiler] Sasà Onorò queste tre “promesse”[/spoiler] perché io risposi di si. In fondo pensai faccio un po di vacanza dopo tanto hem! lavoro. E poi visito una città nuova, e mica una qualunque.
E poi Sasà!-ma ì fat na test tant co sto napule- ora mo ì fa Verè-..
Qualche giorno prima della partenza vado a casa in libera uscita e preparo la valigia per il mio viaggio a Napoli, i miei ne furono contenti e cosi la sera rientrai in caserma pronto per questa avventura col mio Amico Salvatore.
Purtroppo anche per questo vissuto o molti vuoti di memoria maledizione! perciò siamo già a Napoli, siamo ancora tre o quattro di noi della caserma, seduti sulla Circumvesuviana, ma potrebbe essere stato anche prima sul treno boh! però ricordo benissimo che mentre parlo con Sasà ribadisco il fatto che per me questa era la prima volta a Napoli, quindi salta su uno dei ragazzi con noi e mi chiese con aria perplessa.. -come in che senso non hai mai visto Napoli??? -perché a ro staie?- ed io con aria normale rispondo che stavo a Milano. E ancora non sodisfatto…
-Allora ten i parenti?- ed ancora io -noo non ho parenti a Napoli, io sono nato a Milano e vivo da sempre a Milano te capìì ueè! pirleta. Insomma ha dovuto spiegarglielo Sasà, credevano che io fossi veramente un napoletano di Napoli. E Sasà ancora una volta fiero mi guarda e sorride.
E poi mi disse -Eddie ma tu o ssai che non è da tutti prendere per i fondelli un napoletano, e tu ne hai presi tre san san.
Arrivammo a Torre Annunziata ora siamo rimasti solo noi due, ci dirigiamo verso casa di Sasà che stava a Trecase, e qui c’è un altro buco di memoria, non ricordo casa tua Sasà, non ricordo la tua famiglia, e quasi tutto il resto. Ricordo vagamente la tua stanza, come in un sogno lontano e sfocato. Che brutto perdere i ricordi 🙁
Le sole cose che ricordo sono come singoli fotogrammi sopravvissuti di un film danneggiato dal tempo. Ricordo la serata in macchina con i tuoi amici in giro per Torre.
Ricordo Posillipo, seduti a contemplare il panorama. E la gita sul Vesuvio, io amo quel tipo di avventure e non avevo mai visto un vulcano o meglio non ci ero mai salito sopra, per di più proprio sul bordo del cratere, ero emozionatissimo, e Sasà, sempre fiero, anche lui era emozionato per il solo fatto che io lo fossi.
Ultima istantanea è il “Tugurio” in cui mi portò a mangiare una pizza. Vieni Eddie, che ti faccio mangiare -a pizza e Napule-.
Era un locale in Torre annunziata, da fuori e anche da dentro non gli davi una Lira, ne bar ne ristorante, un vetrina e un solo tavolo il bancone con qualche sgabello ed un forno a legna. Fino ad oggi non ho più mangiato una pizza così buona. Ed anche il Caffè che presi dopo. Sarà suggestione? boh! io non credo e comunque non mi interessa.
Il Caffè. Il caffe mi diceva è un arte e non basta saperlo fare, bisogna anche saperlo bere.
E sempre col suo sorriso fiero diceva -o cafè e a tazzulel a da essere bollent-,- ma prim’ta da pijà nu bicchierello d’acqua fresc-..
Spiegandomi che l’acqua fresca ha una duplice funzione, sciacquare la bocca da eventuali altri sapori e isolare termicamente le pareti di bocca e gola. Tutt’ora è così che bevo il caffè al bar.
E di questo viaggio è tutto. Neanche il rientro a Milano ricordo. E si che il viaggio è lungo. Poi un giorno Sasà mi disse -Eddie ora sì nu vero Turrese- mi nominò cittadino Onorario 🙂

 

In Memoria del mio amico Sasà

C.A.R. Eddie t’en ì pall!

E’ il primo mese di Naja, e sono al CAR caserma Guastalla di ASTI, dove insegnano ai ragazzi a diventare soldati. In questo frangente ci sono solo un paio di note interessanti che voglio raccontare. Sasà entrerà nella mia vita da li a pochi giorni, 45 per essere precisi. Intanto Il Destino stava già lavorando per noi.

Ed a proposito di destino vi racconto come è iniziata la mia naja: La mia naja inizia due mesi prima di partire per militare.

Corsico -Milano- Sono alla fermata del bus, è fine febbraio del mio 1987, indossavo (ancora per poco) il mio inseparabile Chiodo Nero, jeans e anfibi militari neri come da buon Metallaro, gli stessi anfibi belli morbidi che mi accompagnarono per tutta la naja. Nell’attesa stavo leggendo la mia rivista “Heavy metal news” quando si avvicina a me un tipo, anche lui in attesa del bus che mi chiese se la rivista che stavo sfogliando riportasse info sul concerto dei Deep Purple che ci sarebbe stato da li a pochi mesi. Nel frattempo arriva il bus saliamo e una volta a bordo si chiacchera insieme sui Deep ed il metal in genere.
Di questo ragazzo ricordo solo il cognome “Di o De Biase”, indovinate di dov’era? …non ci arrivate? va beh! ve lo dico io, era di Napoli. (destino? fate voi!) Il De Biase mi chiese se sarei andato al concerto, io risposi molto seccato NO, non ci posso andare maledizione! Avvilito rispose che nemmeno lui ci sarebbe potuto andare, perchè doveva partire per il militare! Cazzo io salto su e gli dico, -Ma va? anche io devo partire per naja- ho già ricevuto la la cartolina-. E lui – e quando devi partire?-, – eh! fra poco, il 28 aprile!-, NOO anche io parto il 28. Minkia che coincidenza…e dove ti mandano? -mi mandano ad Asti-, NOOO anche io vado ad Asti!!!.(altra coincidenza!!!) non vi basta? pensate che sia già troppo? NO.
E’ arrivato il fatidico giorno arriviamo in caserma e siamo 1500 cristiani radunati sul piazzale della carema in attesa di assegnazione. Ripeto 1500 persone, che vengono divise in Due compagnie distinte, 4 plotoni diversi aventi una trentina di squadre da 20 persone circa, ogni squadra occupava una camerata.
Eddie militareAlla fine il De Biase finì nella 27à squadra 3ò plotone 2à compagnia, invece io Pure. Finimmo nella stessa branda lui sotto ed io sopra.(siete ancora convinti che si tratti di coincidenza?? non vi sembra un po troppo? bah!

Dopo il CAR il De Biase lo rividi una sola volta quando col mio sergente andammo all’ospedale militare di Milano Baggio di via Inganni per una commissione, io sapevo che il De Biase fu mandato li come centralinista e così passai da lui a trovarlo. Poi non lo rividi mai più. Ciao anche a te De Biase.

Sono passati una decina di giorni e sono sul piazzale con tutta la mia squadra, seduti in cerchio il nostro Caporal-Maggiore ci spiega il funzionamento del F.A.L. (fucile semi-automatico-leggero) a recupero gas con canna elicoidale a passo destrosse 7.65 Nato, (senza guardare su google), (minkia che memoria…) Eddie militare milano

Il caporale sta inserendo il caricatore nel fucile, ma questo non entra, dopo diversi tentativi il caporale piglia uno di noi a caso, Me. Vai per favore in armeria e fattelo cambiare. L’armeria era un centinaio di metri alle nostre spalle, era un basso e lungo fabbricato dove affacciavano sul vialetto antistante il piazzale diverse attività tipo lavanderia, magazzino vestiario, armeria, barbiere ecc,ecc. io sbagliai posto ed andai in lavanderia, sbagliai perché dall’esterno non si capiva bene era tutto abbastanza anonimo, senza indicazioni, comunque alla mia richiesta di sostituzione del caricatore il tipo al bancone me lo prese dalle mie mani e disse -Che cosa vuoi??- e poi con tutta forza come un giocatore di Baseball lo lanciò in mezzo al piazzale.
Ci rimasi così male che senza dire nulla mi voltai e con passo flemmatico raggiunsi il caricatore in mezzo al piazzale mi abbassai e lo raccolsi. Nel frattempo tutti quanti stavano osservando tutta la scena e il tipo della lavanderia se la rideva con i suoi compagni.

Accosciati da sinistra il primo -Eddie- il quarto -De Biase- il sesto -Caporal Maggiore -Ricciardi-

Guardo il caricatore che ho tra le mani faccio un bel respiro carico l’arto e con tutta la mia forza lo rilanciai al mittente che data la distanza ebbe il tempo (buon per lui) di abbassare la testa se no lo pigliavo in fronte. Minkia tutto incazzato ma soprattutto sbalordito venne di corsa verso di me che lo aspettavo con aria di sfida si fermò a due millimetri dalla mia faccia e, (sempre buon per lui) si limitò a trapparmi l’etichetta a strep del mio nome sulla giacca della mimetica. E mi disse -Stai punito-. Poi intervenne il mio caporale che andò da quel tipo, a farsi ridare il mio strep. Non successe nulla per quella vicenda. Credo che il mio caporale avesse convinto il tipo a non proporre la punizione perché anche lui sarebbe finito in punizione, perché era colpevole anche lui. Il Caporale Ricciardi credo si chiamasse così, torno da noi e fiero disse -ragazzi in squadra abbiamo uno con le palle-.
Poi verso di me disse -Impara a trattenerle oppure avrai problemi- o una cosa simile. E del CAR non ho altro da dire.

Ah! per la cronaca, poi I Deep Purple  riuscii a vederli ugualmente, così come anche altri concerti fatti in quell’anno a Milano. Grazie ai permessini, di “Termine spettacoli teatrali” che andavano al di là delle h 23:00.

 

In Memoria del mio amico Sasà

Il lascito della stecca

Ormai manca poco, forse un paio di mesi o anche meno. Un giorno il Colonnello comandante chiama a rapporto nel suo ufficio me e Sasà. Ci disse una cosa del tipo -Sasà, Eddie come devo fare con voi- ogni giorno ne combinate una nuova-, ora non ricordo a che si riferisse, ne abbiamo fatte così tante io e Sasà che se le ricordassi tutte ci vorrebbero ancora un sacco di pagine da scrivere. Insomma ci comunicò che dall’indomani ci avrebbero separati, tutti e quattro in quattro camerate diverse. Il Colonnello disse -Ora mettete in ordine la vostra camerata e rimettete a posto le brande e tutto il resto-. Minkia io e Sasà ci guardiamo in faccia spalancando gli occhi senza dire niente e pensando la stessa cosa … i disegni dietro gli armadiettiiiii. Poi il Colonnello continuò, -vedete ragazzi voi non siete cattivi ma siete troppo ..troppo. -Il fatto che voi dormiate tutti in insieme con le brande unite come se foste in un campeggio è una cosa bellissima, se potessi dormirei anche io in mezzo a voi-. Ed io dentro di me , si si lo sappiamo lo sappiamo. -ma purtroppo non siamo in campeggio ed io devo mantenere questo posto come una caserma-. bla bla bla. 
Uscimmo dall’ufficio del rich ehm! del colonnello e fuori dalla porta c’era Giancarlo e tutti gli altri ad aspettare le novità. 

E così trascorsa la prima notte senza i miei fratelli decisi che le notti erano troppo lunghe per Eddie da solo.
Cosi l’indomani andai a casa con il mio zaino valigia vuoto, e rientrai con lo stesso che quasi lo dovevo trascinare a terra per quanto pesava. Chissà cosa c’era dentro?!. eh ehee!!!Arrivato in camerata sistemo lo zaino ai piedi dell’ armadietto di fronte la mia branda, E andai subito a cercare Sasà.

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato
Giancarlo – Eddie – Sasà e la Tv imboscata

Vieni Sasà dammi una mano. Aiutami a mettere lo zaino sull’armadietto. -Wuaa Eddie e ch’erè Piombo?- No Sasà apri apriii- -Wuaaa Eddie A Televisione!!!!- era un vecchio televisore 24 pollici, che avevo a casa in disuso. Quella sera fu festa.
Siamo usciti a comprare le siga e poi tutti in branda a vedere la Tv, era un delirio, c’era Giancarlo e Franco che saltavano da una branda all’altra come scimmie -Weee weee tenimmo ò cinemaaa wueee wueee!!!- Fra fraaa mittete annanz’a porta e facimm’i biglietti!!!- Che feste quella sera,  mi fecero pure il coro. Eddie! Eddie! Eddie! Eddie!
“Poveracci” gli occupanti delle brande attigue alla mia che erano sfrattati tutte le sere ma, senza dire ne A e ne B si cercavano un posticino nei paraggi e si vedevano la tv con noi. Per la cronaca non facevamo mai i prepotenti con nessuno a meno che non se lo meritassero davvero. Forse eravamo molto esuberanti, ma in molti ci stimavano ed i pochi “nemici” che avevamo lo erano solo per invidia.
E poi al mattino si richiudeva lo zaino valigia e ciao bella. Poi quando me ne andai in congedo lasciai a loro il mio TV.
Nei giorni a seguire io e Sasà fummo presi da un tormentone pubblicitario, ovunque fossimo potevi sentici canticchiare la canzoncina di una pubblicità che ci piaceva particolarmente, a Sasà piaceva anche per via di alcuni disegni che si mixavano con scene reali. E visto che su Youtube si trova di tutto, ho trovato anche quella vecchia pubblicità. Ora ve la mostro. Si ok dovrò fare pubblicità occulta che odio, non l’occulta ma la pubblicità. –Pazienz-.

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Il Millenovecento ottanta sette/8, era anche l’anno di “Indietro tutta!” un programma TV di Renzo Arbore e de “Il Cacao Meravigliao” che cantavamo a squarcia gola in giro per le camerate ballando come le ballerine brasiliane del programma. Un cinema gente, un cinema!

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Ma ora manca proprio poco tempo alla parola fine. Gli stati d’animo non sono più effervescenti come prima, eravamo stanchi, molli, ormai non si camminava più si ondeggiava sospesi. Un giorno sembravano cinque. 
E qualcuno di noi (credo tutti) nascondeva nella propria felicità di tornare a casa, la tristezza dell’inevitabile. Io e Sasà saremmo stati i primi di noi quattro, a volare via, Giancarlo e Gianfranco si sarebbero congedati un mese dopo.

La nostra Stecca sarà consegnata allo scaglione del Primo 88 ovvero l’ultimo scaglione che vedevamo arrivare e tra quei “Rospicini” nuovi nuovi sapete chi ci sarebbe stato… il Signor Lorenzo Cherubini.
Sapete la cosa che più ma dato fastidio, e che il Jova non c’era alla Rivista Corredo. Che nervi! 

🙁  e qui, finiscono i miei ricordi e cominciano i miei fantasmi.


Cu ll’uocchie chiuse

Aret’’a st’ucchie ncchiuse, scorre ‘o passate, lento e senza gioia. ‘A vocia toia ripete ogni parola, int’’a na litania ca nun se po’ seguì. Aret’’a st’ucchie ncchiuse, ‘a sofferenza e’ nu finale ca nu’ meritave. L’epilogo e’ na vita dedicata, a chi te steve attuorno, e pure ‘e cchiù.
Aret’’a st’ucchie ncchiuse, tutta l’amecizzia ca c’è putute dà, se sente ancora forte e sempe vivo, int’’a sta mano che astrigne, e cchiù nu vuò lassà.
Annanze a st’ucchie ncchiuse, nui inermi a chesta perdita.
E ce arraggiammo e ce scuntramme e vote, pecchè nun suppurtammo stu dulore.

Pecchè n’ se po’ turnà nu poco arrete, pecchè sta vita n’ se po’ fermà.
Vivesse pe ciente anne dint’’o dulore, pe’sta pe’ un’ora assieme a te a parlà. (Anonimo)


 

Mi mancherai tantissimo …tutto il resto, come dicevi tu… Sò chiacchere.

Addio Sasà Amico mio. Per sempre tuo fratello d’armi Eddie

In memoria del mio amico Sasà salvatore militare milano soldato Eddie milano militare

Via Lorenzo Mascheroni 26, Milano, Lombardia, Italia



 

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