Il G.A.V. 

 

Le guide che trovate su questo blog relative all’uso di materiali e/o tecniche specifiche sono unicamente a scopo illustrativo e dimostrativo e/o di rivista per chi è già abilitato e non sostituiscono assolutamente i corsi e le scuole professionali che solo loro possono abilitare alla pratica in sicurezza. 

Il G.A.V.

G.A.V.

G.A.V. –Giubbotto ad assetto variabile è uno zainetto utilizzato per le immersioni subacquee al fine di aumentare la capacità di controllo del livello di profondità da mantenere sott’acqua (analogamente alla vescica natatoria dei pesci), mantenendo un assetto stabile e una profondità costante, oppure per immergersi o emergere in modo controllato.

Garantisce inoltre il galleggiamento del subacqueo in superficie sia in condizioni normali sia, soprattutto, in caso di emergenza.

Viene anche comunemente chiamato Jacket per la sua somiglianza nei moderni modelli per l’appunto ad un gilet.
In emersione, il jacket è gonfiato per essere usato come ciambella di ausilio al galleggiamento ed è in genere munito di fischietto di soccorso.

Il G.A.V. è stato concepito assai presto nella storia della subacquea, come possibile evoluzione del giubbotto salvagente, del quale mutua la condizione variabile di riempimento, ma è giunto sul grosso mercato della subacquea intorno agli anni settanta.

I primi modelli si indossavano intorno al collo (cosiddetti “a collare” tra cui ricordiamo il “Fenzy” della Spirotechnique), o intorno alla testa (“caschetto”), ed erano fissati al corpo con cinghie o semplici sagole. Potevano essere riempiti a bocca per mezzo di un corrugato (un tubo flessibile) chiuso da valvola o con un bombolino (in genere da 400 cm³, derivato dai primi miniestintori portatili), ricaricabile dalla bombola principale tramite una frusta aggiuntiva. In questi primi modelli lo sfiato si eseguiva esclusivamente portando verso l’alto il corrugato d’insufflazione a bocca ed aprendo la valvolina (questo sistema, anche in presenza di altri accorgimenti, è tradizionalmente ancora usato dai subacquei più esperti ed anche i modelli più recenti continuano a consentirlo; altri utilizzano un sistema di controllo più avanzato).

Ricordiamo infine solo per curiosità i nostri profondisti e corallari degli anni ’60 che, prima dell’avvento del GAV, usavano portarsi dietro una busta di plastica che in profondità veniva gonfiata a mo’ di palloncino per contrastare l’assetto negativo.

G.A.V.  Controllo dell’assetto

G.A.V.

Dosando opportunamente la quantità d’aria da immettere nel sacco (in realtà da far espandere e crescere di volume) si può raggiungere un assetto neutro (equilibrio idrostatico), con il quale il subacqueo si trova praticamente a non avere spinte né verso l’alto (emersione) né verso il basso (affondamento), potendo mantenere senza alcuno sforzo la quota raggiunta.
Questa condizione è spesso rassomigliata a quella dell’assenza di gravità (sebbene l’accostamento sia solo approssimativo, poiché la forza di gravità continua ad avere influenza su tutto l’organismo del sub, che in realtà è solo “adagiato” su una sorta di invisibile sostegno liquido).
A rigor di precisione l’assetto perfettamente neutro è possibile solo in assenza di respirazione: la normale inspirazione aumenta il volume del corpo attraverso l’espansione dei polmoni (ed ovviamente l’espirazione lo riduce), perciò l’assetto considerato neutro è in realtà lievemente viziato da minime oscillazioni di quota dovute alla respirazione.
In posizione orizzontale, il subacqueo immobile che respira avrà caratteristicamente le caviglie ferme ed il torace che sale e scende di poche decine di centimetri (a seconda della profondità) rispetto alla posizione neutra, semplicemente per effetto della respirazione.

Durante la risalita la diminuzione della pressione esterna provoca una crescente espansione dell’aria contenuta nel G.A.V. che perciò può, se non si agisce opportunamente sgonfiando il GAV dell’aria in eccesso agendo sulle valvole di scarico, diventare assai pericolosa, causando la cosiddetta risalita “a pallone” a velocità eccessive con incidenti sia per sovradistensione polmonare che per embolie per mancate decompressioni.

In genere nei corsi di subacquea si insegna a svuotare il GAV man mano che si risale o, a volte, prima di iniziare la risalita.

Anche durante la discesa l’effetto della crescente pressione esterna ha il suo effetto, neutralizzando man mano l’effetto stabilizzante del jacket, sommandosi la riduzione di volume dell’aria nel jacket, alla riduzione di galleggiamento fornita dal neoprene della muta subacquea e dal volume polmonare, provocando così un’accelerazione della velocità di discesa, che viene semplicemente controllata gonfiando leggermente il GAV mano a mano che si scende.

 

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